I neuroni specchio e il dono dell’empatia

Una scoperta sensazionale

giacomo_rizzolattiNonostante la generale improduttività dell’università italiana, dovuta al suo andamento più burocratico che meritocratico, l’amore per la ricerca genera di tanto in tanto, nel nostro Paese, splendidi frutti. È ormai di alcuni anni la scoperta dei cosiddetti “neuroni specchio”, famiglia di cellule cerebrali in grado di farci reagire in modo speculare alle azioni e alle intenzioni del nostro simile. Vediamo come funzionano e cosa ci illustrano della nostra vita psicologica. 

Se ci troviamo di fronte a un volto atteggiato a tristezza o viceversa vi scorgiamo l’indizio di un sorriso, se un nostro ospite sta per prendere fra le dita una tazzina di caffè e sta per sorbire la bevanda, ecco che una catena di neuroni si attiva nel nostro cervello mettendoci nella condizione di imitare nel nostro corpo e nella nostra mente l’emozione, la sensazione e l’atto in corso. L’imitazione di quell’emozione, di quella sensazione, di quell’atto consentono l’esatta comprensione dello stato d’animo dell’altro essere umano e quindi le sue intenzioni. È come se il nostro cervello creasse dentro di sé una copia di quella persona, allo scopo di percepire il suo pensiero prima ancora che si formuli e di entrare in piena sintonia con lei. 

La scoperta di questi neuroni, che dimostra – se ancora ve ne fosse bisogno – la natura sociale della nostra specie, si deve a Giacomo Rizzolatti e alla sua equipe dell’Università di Parma, ed è una scoperta di portata eccezionale. Lo studio dei neuroni specchio ci dà la possibilità di capire cosa sia l’empatia e cosa c’entri coi processi affettivi e di apprendimento. 

Vantaggi evolutivi

bambinaNeraMammaBiancaImitare le emozioni del simile dà al bambino l’opportunità di identificarsi, stabilendo col proprio simile immediato un contatto senza mediazioni. Ciò comporta immensi vantaggi adattivi che si sono resi palesi nel corso dell’evoluzione umana e che si ripetono nello sviluppo di ogni singolo individuo. 

Il primo vantaggio di questa straordinaria capacità di immedesimazione è l’informazione. La capacità di coordinarsi con l’altro ricavandone le emozioni e le sensazioni consente al bambino di sapere in una frazione di secondo (probabilmente un quarto o un quinto di secondo) cosa sta accadendo nel mondo intorno a lui.  Se il simile è preoccupato, il bambino sarà preoccupato; se il simile gioisce il bambino è indotto a gioire. Questa mimesi informativa consente al piccolo di conoscere lo stato del mondo, di coordinarsi con l’altro e di disporsi a reagire in modo informato alla realtà. 

Il secondo vantaggio consiste nell’apprendimento. Imitare l’altro, se l’altro è un adulto, consente al bambino di portare dentro di sé i modelli familiari, gli schemi e i linguaggi di interazione e di riconoscimento del suo gruppo. A questo modo egli apprenderà nel giro di alcuni anni i modi e gli stili della sua appartenenza: le mimiche, i linguaggi, i valori morali. La mimesi cognitiva ha una funzione duplice, perché se da un lato gli consente di interiorizzare gli insegnamenti morali, dall’altro gli favorisce l’apprendimento intellettuale – la grammatica, la matematica, la musica, la scienza ecc. –, in modo tale che gli venga indicata la via per integrarsi nella società anche su un piano operativo. 

Infine, terzo immenso vantaggio evolutivo, la capacità di immedesimazione consente al bambino di sviluppare la sensibilità morale. Sentire con intensità la sofferenza e la gioia dell’altro essere umano gli consente – al di là degli apprendimenti cognitivi – di maturare il suo personale sistema di valori emozionali: di sperimentare letteralmente sulla propria pelle e nei visceri della propria mente la distinzione tra il bene e il male non solo in virtù dei codici morali prescritti dal sistema sociale, ma anche dei sentimenti consci e inconsci che egli legge sul volto degli adulti e della valutazione ancora più intima che egli fa dei fatti della vita in rapporto alla sua personale esperienza del dolore e del piacere. 

In tal modo, grazie ai neuroni specchio, il bambino dispone di un  apprendimento immediato, intuitivo e istintivo, e di uno prospettico; nonché di un inconscio sociale (il Super-io, che media i valori collettivi) e di un inconscio psicobiologico, attraverso il quale la natura biologica gli parla direttamente nel cuore della mente. 

Vita sociale sana, vita sociale malata

Bambina silenzioL’empatia è alla base dell’intera vita sociale: rende solide e proficue le relazioni di accudimento, fa in modo che le relazioni affettive attecchiscano e creino coppie, famiglie e amicizie, infine rende possibili le più complesse relazioni che si hanno col mondo storico-sociale in quanto individui di un certo gruppo e cittadini di una nazione. 

Ma la vita sociale può evolvere sia nel senso della salute che nel senso della malattia. Secondo le ipotesi che argomento da molti anni nei miei libri (soprattutto in “Volersi male” (2002), “La logica dell’ansia”, 2008, “La specie malata”, 2020, e “Il dramma delle persone sensibili”, 2021), l’empatia non è solo un dono; essa può rivelarsi anche una disgrazia. 

Il bambino empatico, infatti, acquisisce modelli di condotta che funzionano dentro di lui come dei “comandi”: legge con singolare immediatezza i desideri degli adulti, si identica con loro, pertanto può solo compiacere le attese di coloro che ama o da cui dipende. In tal senso egli diventa un fedele ed automatico esecutore di ordini inconsci. Quindi, nel caso in cui avverta la necessità di porre in atto pensieri e comportamenti diversi dai modelli appresi – frequente in chi ha elevati bisogni di individuazione – egli cade dapprima nell’ansia, poi, se accentua questa sua esigenza, nella vergogna e nel senso di colpa, infine nel blocco e nell’inibizione. Se il conflitto interno fra bisogno di appartenenza e bisogno di individuazione non viene risolto, la vergogna e la colpa subiscono una drammatica accentuazione fino a generare le varie forme della psicopatologia, da un lato le sindromi autoaccusatorie, dall’altro quelle antisociali. 

Diagnosi e cura dei disturbi della psiche

coppia che si tiene per manoL’empatia, dunque, è sia la base naturale della socialità, della cultura e di sentimenti meravigliosi come l’amicizia, la compassione e l’amore, sia, allo stesso tempo, la trappola fatale che può produrre conflitto interno, ansia e malattia mentale. 

Giacomo Rizzolatti studia da alcuni anni il rapporto fra neuroni specchio e autismo infantile (un disturbo in cui l’empatia è carente e il bambino non riesce a porsi in rapporto con gli altri). L’ipotesi con la quale ci si dovrà confrontare – già suggerita dalla psicoanalista Margaret Mahler – è che l’autismo sia la faccia di una medaglia il cui retroverso è la simbiosi. L’autismo sarebbe l’inibizione dell’empatia a livelli primari, dunque una ipodotazione empatica dovuto a un danno genetico o epigenetico, cioè relativo alla prima simbiosi. Chissà se un giorno Rizzolatti vorrà studiare anche l’iperdotazione empatica, che, nella mia ipotesi, è la base comune sia dell’intelligenza emotiva che della nevrosi. Me lo auguro di cuore. 

L’empatia sta alla base dell’intelligenza perché attraverso l’imitazione e la cognizione degli stati d’animo altrui si possono dedurre l’ordine delle relazioni affettive e sociali, i complessi di valori che le organizzano, gli schemi di comportamento individuali e collettivi, l’agio e il disagio delle persone che incontriamo, le alternative possibili al mondo in cui si vive, i simboli che mediano l’intero planetario della cultura. 

Ma sta altresì alla base della malattia mentale perché l’imitazione implica l’interiorizzazione, quindi il portare dentro di sé identità, valori e schemi comportamentali inadatti a quel soggetto biologico, che possono produrre delusione e rabbia, che possono porre il soggetto contro se stesso, perché ripudiare o odiare un genitore che è stato portato dentro di sé o un sistema di valori che è stato dedotto per identificazione è essere in dolorosa lotta con se stessi. 

Per inciso, nel merito dell’analisi e della comprensione dei disturbi della psiche, lo studio della neurobiologia e della neuropsicologia consente oggi di integrare e correggere il riferimento univoco alla genetica. I dati neurologici – come dimostra la scoperta dei neuroni specchio – sono di immediata pertinenza, leggibili e collocabili; quelli della genetica – come ben sanno i genetisti – sono ancora, per ciò che attiene alla psiche, piuttosto labili e remoti. Mentre ormai sappiamo dove e come nascono l’empatia e i suoi disturbi, non sappiamo ancora quali e quante centinaia di geni sono implicate nell’attivazione anche di una sola, semplice emozione. 

Questo nuovo dato della conoscenza neurobiologica – unitamente a molte altre evidenze della moderna neuropsicologia – è destinato a ricadere con vigore nell’ambito della terapia dei disturbi psichici. Innanzitutto, esso aiuta a meglio inquadrare l’utilità non marginale dei gruppi di terapia e di auto/mutuo aiuto. L’empatia è lo strumento di base attraverso il quale agiscono tutti i raggruppamenti umani, quindi anche nei gruppi terapeutici e di mutuo aiuto essa rappresenta la base per costruire intuizioni e comprensioni di carattere cognitivo. Ovvio che il gruppo sarà più efficace se saprà dotarsi – in modo diretto o indiretto – di quella cultura psicodinamica che da oltre un secolo studia le comunicazioni emotive, le identificazioni, i condizionamenti morali, le ambivalenze evolutive. Senza questo ausilio, il gruppo terapeutico non differisce da qualunque altro più o meno efficace assembramento umano. 

Ma la base empatica che caratterizza tu i rapporti umani fa sì che i gruppi siano ben integrabili con forme di psicoterapia più o meno complesse, in quanto offrono un buon terreno di mediazione fra la vita emotiva e gli schemi cognitivi. 

Nota importante: laddove i soggetti difettino di abilità cognitive complesse, necessarie a fruire di una psicoterapia interpretativa, e debbano pertanto far uso di terapie psicofarmacologiche (che bypassano le strutture cognitive), il gruppo può creare anche per loro un buon terreno di conforto sociale e contenimento affettivo, nonché una prima base della conoscenza. 

In secondo luogo, la scoperta dei neuroni specchio spinge a indirizzare sempre di più la prassi psicoterapeutica ad analizzare le relazioni affettive, le identificazioni e i modelli interiorizzati, al fine di risolvere i conflitti interni alla personalità. Infine, nell’interazione fra psicoterapia e psicofarmaci, poiché la psicoterapia è adatta a soggetti dotati di attitudini cognitive complesse, che nel loro caso non possono e non devono essere bypassate, ma al contrario sollecitate, l’uso degli psicofarmaci deve essere inteso a moderare gli eccessi emotivi relativi agli stati di grave conflitto e di disorganizzazione interna (la disregolazione emotiva che possiamo osservare negli stati di ansia, panico, depressione, ossessione e mania e negli stati persecutori) nell’attesa che la psicoterapia modifichi le mappe neuronali (gli “schemi mentali”) che riproducono all’infinito il conflitto interno. 

Glossario

“Empatia” 

La parola “empatia” deriva dal greco en e patheo, ossia “dentro” e “sentire”. Per empatia si intende dunque l’attitudine della psiche a sentire dentro di sé le emozioni, i sentimenti e le intenzioni che animano la psiche delle persone con le quali entriamo in contatto. 

Bibliografia dell’autore

Ghezzani N., Volersi male, FrancoAngeli, Milano, 2002. 

Ghezzani N., La logica dell’ansia, FrancoAngeli, Milano, 2008.

Ghezzani N., La specie malata, FrancoAngeli, Milano, 2020. 

Ghezzani N., Il dramma delle persone sensibili, Milano, 2021. 

 

Nicola Ghezzani

Psicologo clinico, psicoterapeuta

formatore alla psicoterapia

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