Depressione: cenni di psicoterapia
Qualche numero e come si manifesta
Secondo dati universalmente diffusi in rete, la depressione è ormai la seconda patologia a livello globale, dopo le patologie cardiocircolatorie. Nel solo mondo occidentale o occidentalizzato, si contano circa 400 milioni di persone che hanno avuto o hanno in corso un episodio di questo tipo.
La prevalenza della cosiddetta “depressione maggiore” (depressione grave priva di riscontri traumatici) e della distimia (variazione ciclica dell’umore) nell’intero arco della vita è pari all’11,2% della popolazione. La depressione unipolare (senza passaggi nella mania) ha una diffusione mondiale variabile fra il 5 e il 25%
Il disturbo bipolare può coinvolgere dal 10 al al 25% della popolazione mondiale e rappresenta la sesta causa di invalidità nelle persone tra i 15 e i 44 anni, oltre a costituire la causa più comune di disabilità. Come ho già detto, il totale di persone affette da almeno un episodio grave di depressione o di depressione maniacale nel corso della vita è, a livello mondiale, di circa 400 milioni di persone.
Se non adeguatamente curata, è associata ad una elevata mortalità stimata intorno al 15%, sia per un aumentato rischio suicidario che per una maggiore probabilità di sviluppare patologie sistemiche, come disturbi cardiovascolari, malattie neoplastiche o abuso e dipendenza da alcol e sostanze. Circa un milione di persone ogni anno si toglie la vita, in conseguenza più o meno diretta di episodi depressivi o maniacali. Il grado di invalidità permanente al lavoro nonché alla vita sociale e affettiva è altrettanto elevato.
Anche laddove non invalida in modo permanente o non uccide, la depressione fa comunque molto male. Essa coinvolge la mente tanto quanto il corpo. Il depresso è triste, desolato, disperato, lamenta qualcosa di irreparabile; il suo corpo è ora freddo, inerte, stanco, prostrato, ora invece è fin troppo caldo, rabbioso, rivendicativo, come in preda a uno stato febbrile. Non di rado, il depresso presenta i più svariati sintomi psicosomatici (cefalee, nevralgie, dolori muscolari e articolari, dolori precordiali, patologie gastrointestinali, acufeni, infiammazioni, cali immunitari, ecc. ecc.) che aggravano il suo stato.
Accanto alle patologie ansiose è la più frequente causa di sofferenza mentale.
Come funziona e a cosa serve
Che i disturbi psicopatologici siano delle mere disfunzioni e che riflettano di un crollo delle facoltà psichiche privo di senso e di funzionalità è un concetto sbagliato: una triste eredità della psichiatria organicista, che coltiva la giù grave disperazione delle persone.
Il nucleo sintomatologico presente in ogni depressione è costituito da sintomi psicosomatici come astenia, apatia, abulia, estrema faticabilità, rallentamento dell’ideazione e psicomotorio, mancanza di concentrazione, appiattimento emozionale, confusione mentale e amnesia, rigidità dei movimenti, una relativa disconnessione tra volontà e azione, ecc. Ebbene, tutti questi sintomi sono facilmente riconducibili ad un’inibizione funzionale, ossia ad un comando del sistema nervoso centrale che impone a mente e corpo un blocco delle funzioni di attivazione. Il depresso si cristallizza, si pietrifica, si immobilizza o giace in un torpore sonnolento, paralizza ogni volontà di azione. A questo stato psicosomatico, purtroppo si aggiungono pensieri catastrofici che mettono sotto minaccia uno stato che potrebbe essere puramente inibitorio e conservativo.
Come ogni altro disturbo psicologico, anche la depressione ha origine nello sviluppo della persona, ha un significato di sintesi emotiva delle vicende esistenziali personali e ha una soggiacente – anche se di solito misconosciuta – funzione protettiva di adattamento.
Direi che come esiste una depressione da senso di colpa – la più descritta, in letteratura – esiste anche una depressione da sentimento di vergogna. Nello stato depressivo ordinario sono spesso coinvolti in modo confuso sentimenti di delusione per non aver raggiunto ideali sociali o morali molto elevati, spesso irrealistici, e sensi di colpa dovuti alla rabbia – conscia o inconscia – nei confronti di persone e valori amati.
La depressione da vergogna costituisce una sorta di freno all’autosfruttamento esistenziale imposto dai valori ideali; la depressione da senso di colpa esprime il blocco delle cariche aggressive conflittuali, lesive della propria immagine morale e dei rapporti affettivi e sociali. In entrambi i casi, la depressione è funzionale, serve a qualcosa, protegge l’individuo ora dall’autosfruttamento, ora dall’attivazione di moduli aggressivi e di conseguenti moduli intrapsichici punitivi. Esprime dunque una chiara funzione di adattamento.
Se il soggetto depresso non riesce a capire qual è la funzione specifica, personale e non generica, della sua depressione, dovrà farlo il suo terapeuta. In entrambi i casi, se non si comprende a cosa serve, il disturbo è destinato a perpetuarsi e a cronicizzarsi. Con la cronicizzazione, esplodono le previsioni catastrofiche e, con esse, il rischio di autolesionismo, condotte antisociali e suicidio.
In questo senso, la psichiatria organicista (quella del DSM, per intenderci) non solo sbaglia, ma non di rado crea un danno irreversibile ai suoi pazienti e all’intera cultura della salute. Formulando la diagnosi di malattia genetica, induce o aggrava la previsione soggettiva di inguaribilità, quindi lo stato di angoscia; stato cui il paziente oppone rimedi sempre più patologici: la crescente dipendenza farmacologica, l’abuso di sostanze come l’alcol, l’autolesionismo fisico e, in casi estremi, il suicidio. Si può parlare allora di una patologia iatrogena, ossia provocata dalle stese cure.
Anche alcune psicoterapie agiscono nello stesso modo laddove vedono nel sintomo null’altro che un danno da fattore endogeno intrinseco, come una pulsione aggressiva innata, o da fattore esogeno, come un presunto trauma precocissimo non memorizzato. Se il paziente non può intervenire attivamente sulla sua patologia, si sente impotente e finisce per attivare una dipendenza sine die dal terapeuta.
Depressione giovanile
A livello giovanile, la depressione dipende spesso dalla convinzione di avere tradito le aspettative di qualcuno: genitori, insegnanti, gruppo dei pari. Mentre un tempo il ragazzo e la ragazza incorrevano in una depressione perché tradivano la fiducia dei genitori, oggi sempre più spesso sono coinvolti da insegnanti troppo esigenti o anche più spesso dal gruppo dei pari, che chiede l’assunzione di modelli che il giovane non riesce a incarnare. È sempre meno la famiglia a determinare i valori di riferimento, e sempre più agenzie sociali esterne come la scuola e il gruppo dei pari. Di conseguenza, anche il crollo dell’immagine personale a fronte dei valori ricavati ha sempre meno lo sfondo familiare e sempre più lo scenario pubblico.
Quindi spesso l’avvilimento giovanile è mascherato da comportamenti sfidanti, sia all’interno della famiglia che sul palcoscenico del mondo; comportamenti che vanno dall’assunzione di alcol e droghe fino a varie forme di autolesionismo. Vero o no che sia, è in tutti questi casi il giudizio sociale percepito – quindi la vergogna – che fa scattare il vissuto depressivo.
Depressione e Alta Sensibilità
Per quanto riguarda il tipo psicologico, la depressione colpisce soprattutto l’individuo sensibile che ha subito torti nelle relazioni sociali, a partire da quelle affettive primarie, e reagisce ad essi con un confuso odio verso i presunti “responsabili”, talvolta verso l’intera umanità. Altre volte sono i valori interiorizzati – quindi gli ideali dell’io – che ponendosi come suoi tiranni hanno finito per deluderlo. Anche in questo secondo caso, la sensazione di non aver più strumenti con cui affrontare la vita induce un odio generico per essa e per l’umanità.
Questo odio gli viene imputato dal Super-Io come segno non della sua estrema sensibilità, ma della sua indegnità morale, in un processo che lo può portare all’annichilimento. È chiaro che più è elevata la sua sensibilità morale, più è probabile che il danno depressivo sia profondo.
Cenni di psicoterapia
Se non si smonta l’apparato accusatorio e la rabbia sepolta che lo alimenta, lo stato depressivo non cede nemmeno agli psicofarmaci. Questi, allentando il nodo delle emozioni di rifiuto e di auto-accusa, possono dare un temporaneo sollievo. Ma se non sono efficaci – e lo sono sempre e solo per caso, non potendosi mai prevedere le variabili della soggettività – allora occorre aumentarne i dosaggi o cambiarli, con effetti imprevedibili.
La depressione va quindi curata sul piano psicoterapeutico, coadiuvato da qualche farmaco solo in situazioni gravi ed emergenziali.
La prima cosa da fare è valutare se il paziente abbia subito effetti iatrogeni, cioè se i pregressi interventi clinici gli abbiano indotto la sensazione o l’idea delirante che la sua malattia sarà perpetua e inesorabile e che quindi egli per tutta la vita sarà un minorato. Quando ciò sia avvenuto, occorre spiegare, spiegare e spiegare che ciò è falso (sbarazzandoci dei “cattivi maestri” della psicoanalisi, i quali proibiscono al terapeuta di dare al paziente alcuna forma di spiegazione).
Fatto questo, finalmente si potrò avviare la psicoterapia in senso proprio. Allora, i passi da fare saranno questi: 1) innanzitutto scoprire “chi è il persecutore”, ossia quale parte della personalità – Super-io o Io antitetico – lo tormenti con le sue richieste e con le sue accuse, se quindi si tratti di una depressione da senso di colpa o da sentimento di vergogna.
2) Quindi, secondo passo, analizzare i valori che il depresso ha interiorizzato e si impone, e che spesso gli si pongono come ideali non realistici se non del tutto irraggiungibili.
3) Terzo passo, far emergere la rabbia repressa che ha per oggetto quei valori e ovviamente le persone concrete che glieli hanno trasmessi e mostragli come quel rifiuto possa aver un valido fondamento.
4) Quindi quarto passo, considerare il terribile senso di colpa associato al rifiuto e smontare l’attrezzatura ipercritica della coscienza morale.
5) Quinto passo, infine, mettere i bisogni originari a contatto con nuovi valori che diamo al paziente uno spazio di evoluzione.
Questi cinque passaggi sono fondamentali; ma il secondo è il più importante. La depressione dipende sempre da rabbia sepolta, anche quando essa non appare alla coscienza. Può essere una rabbia molto antica e strutturata nella personalità; oppure riferita a eventi recenti. Di solito, quando sfugge alla coscienza, ciò dipende dalla sua antichità o da una rimozione che impedisce di ammetterla e di sperimentarla.
Risolto il velo di tenebra, al di là della depressione si scoprirà che esiste un mondo nel quale la condanna alla mortificazione perpetua non solo non ha fondamento, ma era il frutto di una rabbia morale e di una conseguente autocritica esasperate, persino spietate; era il frutto di una guerra intestina non pacificata, che può risolversi nel flusso generale della vita.
Se non accetta questa spiegazione, all’individuo non resta che temere, infuriarsi, odiare, separarsi dagli altri, con l’effetto di precipitare nell’ansia, nel conflitto, nei sensi di colpa e infine nella depressione. Il depresso ha commesso l’errore di porsi con rabbia contro qualcuno in realtà amato o contro tutti; errore pagato con la separazione dagli altri (una profonda solitudine) e il senso di morte interiore (la condanna).
Insomma, se siamo individui sensibili, ci possiamo liberare dagli altri solo attraverso gli altri, con loro, grazie alla condivisione dei beni e dei mali, non contro di loro. L’unica possibilità che abbiamo su questa terra è essere di aiuto reciproco, solidarizzare e presentare i nostri bisogni all’intelligenza dell’altro, di un mondo sociale e culturale vasto e multiforme, nel quale occorre trovare il proprio posto, il proprio significato, quindi la propria personale individuazione.
Bibliografia consigliata
Per avere un’idea della depressione nel suo rapporto col senso di colpa consiglio:
Ghezzani N., Volersi male, FrancoAngeli, Milano, 2002.
Per accogliere la depressione come passaggio della vita e sfida esistenziale:
Ghezzani N., Le eclissi dell’anima , FrancoAngeli, Milano, 2016.
Per una testimonianza autobiografica dell’autore:
Ghezzani N., La mente distopica, FrancoAngeli, Milano, 2022.
Per il rapporto fra depressione e alta sensibilità:
Ghezzani N., Il dramma delle persone sensibili, FrancoAngeli, Milano, 2021.
Ghezzani N., Persone sensibili in terapia , FrancoAngeli, Milano, 2024.